Permettetemi di aprire questo intervento con qualche vaga nota biografica. Sono nato sul pianeta Terra, in una località dove le qualità dei diversi tipi di suolo sembravano passare nel cibo e nel vino, nei gesti e nei sentimenti. Galestro, alberese, macigno del Chianti, Pietraforte erano i solidi piedi di un gigante gentile e verde, e marrone, e a volte nudo. Quindi, se qualcuno ci avesse scritturato per recitare nel film Mezzogiorno di fuoco (1952), ci saremmo gettati senza indugio nella sparatoria al fianco dello sceriffo Will Kane per difendere la nostra città da un manipolo di fuorilegge. Senso di appartenenza, attaccamento, è la terra stessa a produrre questa idea di sé: l'idea che sia tangibile, palpabile, densa. Così densa che non riusciamo a vedere in trasparenza la sua metafora. Eppure la terra possiede una volontà. E' una forza generativa, la forza che, con le parole di Dylan Thomas, “nella verde miccia spinge il fiore”.
Altra nota biografica: non sono un biologo, né un geologo, tantomeno un ingegnere ambientale. Sono uno psicoterapeuta e come tale mi sento interpellato dagli irretimenti e dai grovigli dell'anima. Molti di questi sono il risultato delle idee, non soltanto delle relazioni e dei sentimenti personali e della situazione sociale. Le idee. Le idee consce e semiconsce. Le idee che abbiamo e non sappiamo di avere finiscono per possederci. Perciò, con molta umiltà, proverò, insieme a voi, a non rimanerne intrappolato.
Dopo Cartesio, che creò i presupposti filosofici per lo sfruttamento dell'ambiente dichiarandolo morto, privo di attività spontanea, è molto difficile immaginare che la terra fisica, letterale sia “ispirata”. I popoli di molte culture percepiscono la terra su cui vivono e dalla quale traggono di che vivere non soltanto come una madre nutrice ed esigente, ma anche come un essere infuso nelle loro anime personali. Tutto ciò è così permeante che, laddove si verifichi un'espulsione forzata, una migrazione, o una sua radicale distruzione (miniere, dighe, deforestazione), la gente si sente distruggere l'anima, la vita. Non è una questione soltanto economica, perché è stata privata dei mezzi di sussistenza come animali, piante, acqua, ma piuttosto, perché il mondo degli spiriti è stato sconvolto. Oggi, probabilmente, nella nostra “civiltà” possiamo vivere senza dèi, perfettamente efficienti, anzi, spezzando il legame con la terra, riusciamo ad ottenere i successi che vogliamo, altrimenti irraggiungibili o carichi di sensi di colpa. Vittoriosi dentro la follia di un pianeta filosoficamente morto.
In una famosa pellicola del 2009 (Avatar) James Cameron con un linguaggio fantascientifico colleziona spunti di riflessione tutt'altro che surreali: un pianeta alieno, un Eden, popolato da esseri alti e dall'aspetto esotico, connessi in modo viscerale ed armonico con l'ambiente che li circonda, pronti a difenderlo da coloro che anziché rispettarlo lo vorrebbero sfruttare e prosciugare. Semplice nella trama, devastante e desolante come profezia che ormai sembra non essere più distante anni luce. Oggi l'ambientalismo (quello dello sviluppo sostenibile come quello conservativo) è mosso dall'attivismo, dall'immaginazione della Volontà. Ecologia, però, significa molto di più che attenzione alla distruzione della Madre Terra e urgenza di proteggerla. La volontà è soltanto una faccia della risposta amorevole e intelligente, l'altra faccia, altrettanto importante, è l'intimità del riposo, l'ascolto della terra con orecchio poetico e contemplativo. Senza questo allargamento di prospettiva credo che risulti difficile comprendere l'idea della terra come un fenomeno complesso (da cum-plèct, cioè intrecciato, tessuto insieme) ed ogni tentativo green finirebbe, come l'avventatezza dell'eroe, nel “cestino” sbagliato. I cambiamenti climatici ci destano come uno schiaffo dal sonno profondo, quasi ipnotico dove con un click scegliamo il nostro avatar per proseguire il gioco perverso dell'ignoranza, ignorando le nostre radici, i nostri vicini, il Pianeta che ci ospita e che non osserviamo più con meraviglia. Forse, però, la vita non si misura dalla quantità dei respiri che facciamo, ma dalle volte che ne rimaniamo senza.
Il corpo è immobile
verde il flusso vitale
sorvola le pendici.
Dici che non arriveremo
a domani su questa terra.
Al contrario invece
potremmo sognare
che l'uomo
risvegliatosi da
un lungo incantesimo
decida di mollare tutto
e vivere come un albero.
(“Vivere come un albero” - Massimo D'Arcangelo)
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